Percorrere chilometri di pentagrammi porta lontano. Eppure la musica è un viaggio misteriosamente istantaneo: nello spezzare la barriera del silenzio, tutti ci ritroviamo altrove già dalle prime pulsazioni ritmiche. Così capiamo che l'inizio di un brano è una sorta di teletrasporto in un luogo che è il punto di partenza di un viaggio verso noi stessi.
Oggi vorrei proporvi un incontro con Alexander Arutiunian (1920-2012), pianista e compositore armeno, perché se permettiamo alla sua musica di raggiungerci lasceremo avvenire l'inaspettato: troveremo noi stessi a partire da un teletrasporto immaginario in Armenia, non solo come Paese storico con una cultura e una tradizione, ma anche come luogo esistenziale in cui il dolore e lo slancio vitale hanno lo stesso suono.
Come nel precedente articolo abbiamo visto per Marcel Bitsch, internazionalmente noto per il suo Concertino per fagotto, il nome di Alexander Arutiunian è collegato allo splendido Concerto per tromba (1950), largamente eseguito e amato in tutto il mondo. Il brano fu composto per l'amico Haykaz Mesiayan, grande trombettista, che lo eseguì per la prima volta sempre nel 1950 (a Mosca con il direttore Karl Eliasberg e l'Orchestra Sinfonica di Stato dell'URSS e a Yerevan con il direttore Mikhail Maluntsian e l'Orchestra Filarmonica Armena).
La valorizzazione di quest'opera si sta finalmente realizzando anche in sede di studi musicologici: nel 2019, all'Università di Boston, il trombettista Frederick Adam Sienkiewicz ha discusso la sua tesi di dottorato in Musical Arts sullo stile di Arutiunian del periodo sovietico ("Big Soviet Armenian Style") e sull'analisi del Concerto per tromba e orchestra, che emblematizza questo nuovo stile. La tesi, dal titolo "Forefathers, Antecedents, and the Development of Alexander Arutiunian’s Big Soviet Armenian Style", è considerata il primo studio su Arutiunian in lingua inglese ed è disponibile a questo link tra le risorse online dell'Università di Boston.
La parte più consistente dell'attività di Arutiunian rientra nel periodo sovietico dell'Armenia, iniziato nel 1922 (passando per il 1936, quando il Paese assunse la denominazione di Repubblica Socialista Sovietica di Armenia) e finito nel 1991 con la proclamazione dell'indipendenza dall'URSS (che si dissolse anch'essa alla fine di quell'anno).
La formazione di Arutiunian risale agli anni Trenta ed è influenzata sia dal folclore armeno, sia dal repertorio colto di compositori nazionali come Komitas e Khachaturian. Studiando il patrimonio musicale armeno, colto e popolare, Arutiunian ha sviluppato i prodromi del suo linguaggio originale. Negli anni Quaranta, il suo perfezionamento a Yerevan e a Mosca ha permesso un ampliamento e un'internazionalizzazione del suo stile; in particolare, nel 1946-1948 a Mosca ha assimilato il Neoclassicismo di Prokofiev e lo stile contrappuntistico di Genrikh Litinsky. Attingendo da tutte queste fonti di ispirazione ha elaborato la sua declinazione dello stile Big Soviet, che fonde il patrimonio armeno con la tradizione romantica di Tchaikovsky e Rimsky-Korsakov.
Ciò che affascina dello stile di Arutiunian è la sconfinata libertà del pensiero musicale, che nonostante i limiti imposti dal regime stalinista (e in particolare i dettami estetici di Ždanov) è capace di trascolorare momenti espressivi (rimpianto, fierezza, nostalgia, passione...) con originalità e autenticità in un monologo interiore dal respiro universale. È un linguaggio che fiorisce dall'humus armeno nel contesto della cultura sovietica.
Tra le sue composizioni degli anni Cinquanta sono da ascoltare anche l'Armenian Rhapsody (1950), il Concertino per pianoforte e orchestra (1951) e la Sinfonia in do minore (1957). Quest'ultima presenta delle affinità con la II Sinfonia di Khachaturian, per la presenza di canti popolari armeni sviluppati nel secondo movimento.
Dopo la morte di Stalin l'eclettismo di Arutiunian si manifesta anche nell'inaudito stile "Soviet-jazz" da lui elaborato nel corso della sua stretta collaborazione con il direttore d'orchestra Konstantin Orbelyan: Arutiunian è stato il direttore artistico dell'Orchestra Filarmonica Armena dal 1954 al 1990. La libertà compositiva di Arutiunian fiorisce in ogni genere musicale: nelle numerose colonne sonore da lui scritte, nelle opere vocali per ensemble o per coro... Sono da ricordare il Concerto per corno (1962) e il Requiem (1965) scritto nel cinquantesimo anniversario del genocidio degli armeni. Tra le composizioni più recenti troviamo il Quintetto di ottoni Armenian Scenes (1984) e il Concerto per tuba (1992).
Nella musica di Arutiunian sentiamo le vibrazioni di una terra che ha sofferto, che cerca se stessa con forza e sentimento, che agogna la pace e non può dimenticare il dolore che ha subito (a cui ora si aggiunge la sofferenza per l'instabilità, per le tensioni geopolitiche e per la crisi economica aggravata dalla pandemia). Nell'ascolto, il grido dell'Armenia diventa quello dell'umanità ferita. Dove va a finire un grido di dolore lanciato nel cielo? Si perde, forse? No, mai. Mentre ascoltiamo, seguiamolo (perché, come ha scritto una mia allieva, la musica ci ha insegnato a vedere con gli orecchi)... seguiamolo e troveremo noi stessi.
Caterina Barontini